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Intervista a Emilie e Pierre-Louis sulla loro esperienza di ospiti-volontari in Caritas a Firenze
di Alessandro De Prophetis e Matteo Barbina
Emilie e Pierre Louis sono due studenti francesi la cui scuola offre la possibilità di svolgere un periodo di volontariato all’estero. Loro hanno scelto di venire in Italia, con Caritas Firenze. Hanno quindi soggiornato un mese a Firenze, ospitati a casa San Rosario dalle suore Domenicane dell’Unione di San Tommaso d’Aquino. In questo periodo hanno conosciuto le strutture di Caritas in città e hanno partecipato a diverse attività di volontariato.
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Ciao! Volete raccontarci qualcosa di voi?
Pierre-Louis: Ciao, sono Pierre-Louis, sono francese e sono uno studente di commercio: io e Emilie studiamo economia. Siamo di Parigi e abbiamo scelto di venire qui per fare volontariato con Caritas perché le nostre nonne sono italiane.
Emilie: Sono Emilie, anche io sono una studentessa francese e ho pensato di fare questa esperienza per la stessa ragione.
Come avete conosciuto Caritas? Perché avete scelto questo tipo di volontariato?
Pierre-Louis: Volevamo fare quest’esperienza e, dato che volevamo svolgerla in Italia, abbiamo scelto Caritas, perché …
Emilie: … perché è un’associazione molto conosciuta.
Pierre-Louis: Sì, è radicata sul territorio ed è diffusa ovunque. In Francia c’è una famosa associazione chiamata Secours Catholique, che è parte di Caritas, e di cui sono affiliato.
Emilie: Abbiamo scelto Caritas Firenze perché ci ha colpito molto il vostro profilo Instagram.
In queste settimane avete svolto attività in molte strutture: dalla Mensa di via Baracca alla struttura di casa San Paolino, da casa Matilde a casa Vittoria. Sicuramente avrete vissuto molte esperienze diverse in queste settimane. Ce n’è una in particolare che pensate sia emblematica e che volete raccontare?
Emilie: La nostra “casa” preferita è stata casa Vittoria, lì abbiamo conosciuto un amico con cui abbiamo stretto amicizia… abbiamo fatto i sudoku assieme!
Pierre-Louis: Sì, in casa Vittoria c’è un laboratorio dove possiamo fare arte. Casa San Paolino dà l’idea di essere un centro d’accoglienza più strutturato, ad esempio c’è il centro d’ascolto, mentre casa Vittoria è più “casa” e fare arte con le persone penso sia la cosa che ci fa sentire più vicini, in termini di contatto umano, perché fa esprimere la propria personalità. Abbiamo fatto pittura con un signore a cui piace dipingere …
Emilie: … e abbiamo fatto i sudoku!
Pierre-Louis: Sì, abbiamo fatto sudoku con una persona che ne è stata molto felice, e questo ha reso felici anche noi.
Si nota come casa Vittoria abbia lasciato molto a entrambi! Quindi, la parte più importante per voi è la socialità, il rapporto con gli ospiti?
Pierre-Louis: Sì, ovviamente anche le altre strutture ci hanno lasciato molto, ma lì è molto caloroso! Abbiamo conosciuto anche la mensa di via Baracca e lì è stato diverso perché eravamo in cucina, ed è molto utile fare questo tipo di volontariato, ma abbiamo sentito la differenza fra il lavoro in mensa e quello in una casa, perché nella seconda c’è più contatto umano e per noi è molto prezioso.
Ci chiedevamo quali fossero le vostre aspettative prima di iniziare. Pensate siano state rispettate o alla fine la vostra esperienza è stata diversa rispetto a come ve l’aspettavate?
È vero, ci sono dei modi di comunicare che vanno oltre le parole, come un sorriso o un abbraccio. Grazie di questa bellissima riflessione! Qual è l’insegnamento più importante che vi ha lasciato questa esperienza, in particolare dal punto di vista personale?
Emilie: Penso la solidarietà, perché come dicevamo il contatto umano è la cosa più importante, soprattutto quando le persone si aiutano a vicenda.
Pierre-Louis: Sì, la solidarietà. Anche se non sembra, è molto facile combattere la solitudine… si può fare anche solo attraverso un sorriso! È importante e dobbiamo impegnarci a farlo perché ci sono persone che si sentono abbandonate a loro stesse. Non si parla esclusivamente di persone con difficoltà materiali, ma anche di persone che si sentono escluse dalla società e per loro magari è importante anche solo sentirsi parte di qualcosa. A volte sentire la vicinanza di altre persone, di persone nuove è in grado di portare all’inclusione.
È quello che abbiamo imparato, che è facile fare la differenza!
Grazie mille!
Emilie: Grazie a voi! Grazie anche a Claudia, Santina, Sabrina e a tutti gli altri!
Nel 2025, per il secondo anno consecutivo, si è concretizzata la volontà di intrecciare relazioni profonde e durature tra realtà di fede lontane geograficamente, ma unite da un comune impegno spirituale e umano.
Due campi estivi a Trabzon, città a maggioranza musulmana dove la comunità cristiana vive con discrezione e dieci giovani delle diocesi di Firenze, Pisa, Fiesole e San Miniato hanno vissuto un’esperienza di condivisione con la comunità cristiana locale, composta soprattutto da rifugiati e studenti universitari di Paesi terzi, accompagnati dalla nostra operatrice Santina Morciano.
La chiesa cattolica di Santa Maria, unico luogo di culto cristiano in città, conserva le tracce dell’omicidio di don Andrea Santoro, simbolo del coraggio nel testimoniare la fede da minoranza. I giovani sono stati accolti dalle suore, dal parroco Padre Leonardo e dalla comunità locale, che, nonostante le difficoltà, mantiene viva la speranza e la fede con dignità.
L’esperienza si è rivelata estremamente significativa e ha lasciato un’impronta profonda in tutti i partecipanti. Per molti ragazzi è stata l’occasione di scoprire che la libertà di professare la propria fede non è scontata ovunque, un’acquisizione che ha ampliato il loro orizzonte e ha stimolato un dialogo profondo sull’importanza del gemellaggio come strumento di arricchimento spirituale e culturale.
“Accompagnare i ragazzi ai campi internazionali di servizio è stata un’esperienza intensa e profondamente arricchente. Sono molto grata per aver potuto condividere con loro un percorso di crescita che va ben oltre il semplice volontariato. Solo attraverso l’esperienza diretta si può comprendere l’importanza della fede vissuta con libertà e consapevolezza. ìèl: ci invita a guardare più in profondità, oltre le apparenze. Questa è un’occasione di crescita e confronto sia per i ragazzi delle Caritas diocesane toscane sia per la comunità cristiana che incontriamo. È un cammino che si concretizza nell’implementazione di progetti reali, ma anche nella vicinanza affettiva e spirituale. Per noi tutto ciò rappresenta una testimonianza di fede significativa e un arricchimento reciproco. Ci sta particolarmente a cuore l’impatto che queste esperienze possono avere nelle nostre diocesi, grazie alla conoscenza autentica di una realtà complessa e ricca di sfumature come quella turca. Grazie!”- SANTINA MORCIANO (operatrice Caritas Firenze)
“Il gemellaggio tra Caritas Firenze e Caritas Turchia è stata una bellissima esperienza di scambio culturale, scambio di esperienze e lavoro comune. Con i due gruppi che sono venuti in Turchia quest'anno abbiamo potuto sperimentare come i giovani di oggi abbiano tanta forza ed energia per fare grandi cose per Dio e per il prossimo. Sono stati momenti di preghiera, lavoro, giochi, divertimento, conversazioni e tanta gioia. Quella gioia che è il segno distintivo del cristiano e che fa la differenza anche nella nostra parrocchia e nel Paese in cui viviamo. La nostra comunità parrocchiale è piccola e conta molti stranieri, e questo scambio li aiuta a conoscere nuove realtà che, senza dubbio, arricchiscono tutti. Speriamo anche che coloro che sono venuti possano tornare nelle loro diocesi e parrocchie arricchiti da ciò che hanno potuto vivere qui, essendo sempre più vicini a Dio, potendo così svolgere con sempre maggiore impegno e amore il lavoro loro affidato.
Con questo gemellaggio seguiamo l'ispirazione che Dio ha dato a Don Andrea Santoro, che era parroco di Trabzon e ucciso nella chiesa nel 2006. Egli voleva creare una finestra sul Medio Oriente dove le persone potessero conoscere la ricchezza del mondo e della fede dell’Oriente, a partire dalla Turchia.
In una delle sue lettere scrive così: “La ricchezza del Medio Oriente non è il petrolio, ma il suo tessuto religioso, la sua anima intrisa di fede, il suo essere “terra santa” per ebrei, cristiani e musulmani, il suo passato segnato dalla rivelazione di Dio oltre che da un’altissima civiltà.”
Con questo gemellaggio vedo che l'ispirazione di Don Andrea Santoro, così come il ricordo della sua vita, continuano a essere vivi nella nostra parrocchia e in ciascuno di noi, e possiamo essere quel piccolo segno di unità in un tempo di tanta guerra e confusione.” - PADRE LEONARDO CAMARA (parroco della Parrocchia Santa Maria, a Trabzon)
“Partecipare a un campo Caritas non è stato semplicemente un viaggio, ma un vero pellegrinaggio dell’anima. L’obiettivo iniziale era quello di aiutare alcuni ragazzi ad apprendere l’italiano e non solo, ma ben presto ho capito che ciò che stavamo costruendo andava molto oltre le parole: era un incontro tra storie, culture e spiritualità. Ogni giorno, attraverso semplici parole, giochi e sorrisi, ho scoperto quanto potente possa essere il linguaggio dell’amore e della solidarietà. Insegnare l’italiano non è stato solo un modo per trasmettere una lingua, ma un mezzo per costruire ponti tra mondi diversi, per regalare speranza e per creare legami autentici, è diventato un pretesto per stare insieme, per ascoltare i sogni e le fragilità di giovani pieni di speranza. Ma il cuore più profondo dell’esperienza è stato l’incontro con la piccola comunità cristiana di Trabzon, una presenza silenziosa ma resistente, che porta avanti con fede la propria testimonianza in un contesto complesso. Visitare la chiesa, ascoltare le storie dei fedeli, conoscere la memoria di Don Andrea Santoro, mi ha toccato nel profondo. In mezzo a difficoltà e minoranza, ho visto una fede viva, che non ha bisogno di grandi numeri per esistere, ma si nutre di piccoli gesti, della preghiera condivisa, della cura reciproca.
Mi ha colpito il modo in cui questa comunità, pur fragile, è capace di accogliere. Non c’è chi “aiuta” e chi “riceve”, ma un continuo scambio. Ho insegnato l’italiano, sì, ma loro mi hanno insegnato cosa significa perseverare nella fede, amare in silenzio, portare la croce ogni giorno con dignità.
Ma sopratutto vedere negli occhi dei ragazzi la voglia di imparare, la curiosità e la gratitudine è stata la mia più grande ricompensa. Ogni piccolo progresso, ogni frase detta con coraggio e fatica, è stato un traguardo condiviso, una vittoria che ci ha uniti.
Torno da Trabzon con una gratitudine immensa. Ho ricevuto più di quanto ho dato. Ho sperimentato l’amore che non ha confini, la solidarietà che si esprime nella concretezza, e la gioia profonda che nasce dal sentirsi parte di un’unica famiglia umana, anche se in terre lontane. È un’esperienza che custodirò nel cuore come una luce, una chiamata a vivere con più consapevolezza e dedizione ogni gesto d’amore.” - GRETA VANNINI (Caritas diocesana di Firenze)
“I giorni trascorsi a Trabzon mi hanno fatto capire quanto sia prezioso stringere nuovi legami e riscoprire se stessi attraverso gli altri. A Trabzon ho lasciato il cuore ed ho trovato una nuova casa e una nuova famiglia. La gioia di quei giorni la porterò sempre con me. È stata un’esperienza indescrivibilmente bella e indimenticabile. Sono e sarò sempre grata a Trabzon e alle persone di Trabzon per il segno indelebile che hanno lasciato nel mio cuore.” - SABRINA PIAZZAI (Caritas diocesana di Firenze)
“Non ci sono parole per descrivere questa esperienza che Caritas Firenze ci ha permesso di fare in Turchia, ogni parola sarebbe riduttiva per esprimere tutte le emozioni che ho provato e sto provando ora che sono tornata. Sono stati 12 giorni in cui abbiamo avuto la possibilità di conoscere un piccolo mondo nella città di Trabzon ed entrare a far parte delle vite delle persone che frequentano la parrocchia che ci ha ospitato. Siamo stati subito accolti con immenso calore e amore, ci hanno fatti sentire come se fossimo stati sempre lì con loro. proprio per questo si è creato un ambiente di famiglia. Ma per creare un ambiente di questo tipo c'è bisogno di persone speciali, quindi un pensiero va a Padre Leonardo e Padre Christopher sempre disposti ad ascoltare il prossimo, e quando è il momento anche scherzare e ridere tutti insieme; anche le madri che con la loro energia riuscivano a creare un ambiente pieno di gioia, a volte anche solo con un sorriso! Abbiamo costruito dei legami uniti dalla fede e dalla preghiera. È una di quelle esperienze che lasciano un segno, torni diverso da come sei partito e arricchito interiormente!
Quindi davvero grazie per avermi dato l'opportunità di conoscere questo piccolo posto a Trabzon da porter chiamare casa, lì ho davvero lasciato un pezzo del mio cuore!!!” - BENEDETTA UNCINI (Caritas diocesana di Firenze)
“Questo viaggio è stato un cammino dentro la bellezza, le contraddizioni e le fragilità di un territorio ricco di storia e tradizioni. In questa terra ho percepito un profondo senso di responsabilità da parte dei cittadini verso i più fragili. Mi ha colpito la quasi totale assenza di persone senza fissa dimora in una città così grande: probabile segno di una cultura che, pur tra le difficoltà, si prende cura dei bisogni dell’altro. In questo contesto però, ho avvertito anche la tensione data dal pregiudizio e dalla paura del diverso. Mi ha sorpreso come l’essere cristiani possa ancora oggi generare diffidenza. Mi ha comunque toccato il coraggio della comunità parrocchiale nel vivere apertamente la propria fede attraverso gesti semplici e quotidiani, e la loro capacità di accogliere i curiosi lasciando aperte le porte della chiesa. Forse è proprio da questa curiosità che può nascere qualcosa di nuovo: l’occasione di trasformare le differenze in risorse, abbattere i muri e costruire ponti. Ho conosciuto una parrocchia viva e partecipe, fatta di persone che ogni giorno si impegnano a creare relazioni autentiche e a offrire aiuto concreto. Ho ascoltato sogni che parlano di libertà, di fede e di futuro. Sono felice di aver potuto contribuire, almeno in parte, attraverso questa esperienza di servizio alla loro realizzazione. Il mio augurio più grande è che nessuno di questi sogni resti tale. Torno da questa esperienza con il desiderio profondo di imparare da ciò che è diverso da me, di lasciarmi interrogare e trasformare, e di vivere una fede che non si chiude in se stessa, che non giudica e che, anche nella fatica, continua ad ardere di speranza.” - SARA LA VECCHIA (Caritas diocesana di Pisa)
“Quando mi è stato comunicato che sarei potuta partire per questo viaggio non mi sono fatta tante aspettative e forse questo mi ha permesso di vivermi questa esperienza al cento per cento. Il mio viaggio a Trabzon è iniziato con una grande paura di non essere in grado di gestire il cambiamento. Non sapevo cosa aspettarmi da questa città. A Trabzon la vita si muove con leggerezza, accompagnata da sorrisi e da un’ospitalità sincera. Questa città ti accoglie con le sue case colorate, le strade affollate di mercatini, il rumore allegro delle voci. Tutto questo mi ha subito fatto sentire parte di qualcosa di più grande di me. Passeggiando per le vie del centro, ho incontrato persone che, pur non conoscendomi, mi hanno salutato con un sorriso stampato sul volto, offrendomi tè caldo. Dopo aver conosciuto una famiglia Iraniana siamo stati invitati a casa loro senza pensarci due volte. Durante i pasti, tra risate e racconti, abbiamo conosciuto e assaggiato i piatti tipici turchi e iraniani come il Pide, il Manti, il kuymak e il Döner kebab e il Baklava come dolce.
Nella permanenza a Trabzon abbiamo visitato monasteri e una moschea. Il monastero che mi ha sorpreso di più è stato il Monastero di Sumela, incastonato nella roccia come un tesoro nascosto. Il silenzio delle montagne e la bellezza del luogo mi hanno lasciato senza parole. Quello che più mi ha colpito, però, di questa esperienza, è l’allegria della gente. I pomeriggi e le sere passate a cantare, ballare e giocare tutti insieme, senza differenze religiose e culturali riempivano il cuore di ognuno di noi. A Trabzon tutto era vita, tutto era condivisione. Mi ha insegnato che la bellezza non sta solo nei luoghi, ma nei cuori delle persone. È una città che ti entra dentro, ti fa sentire parte della sua famiglia, e ti lascia con la voglia di tornare. Sono veramente grata di tutto ciò che mi ha dato questa esperienza. Grazie Trabzon.” - GIADA RINALDI (Caritas diocesana di Firenze)
“Nel corso di un’esperienza durata tredici giorni, ho avuto l’opportunità di partecipare a un progetto di volontariato promosso dalla Caritas, a supporto di profughi provenienti dall’Iran, costretti a fuggire dal loro Paese a causa delle persecuzioni religiose subite in quanto cristiani. Durante questa esperienza ho potuto toccare con mano la difficile realtà vissuta da queste persone: uomini, donne e bambini che hanno lasciato tutto per cercare libertà e dignità. Il nostro intervento ha riguardato principalmente il sostegno morale ai ragazzi, giochi e sfide durante la seconda settimana. Mi sono trovata molto bene con tutti, sia con gli altri volontari che con il sacerdote che le suore e soprattutto con i locali. Si è creato fin da subito un clima di solidarietà e rispetto reciproco, che ha reso l’esperienza ancora più significativa.
Durante il periodo trascorso lì, ho avuto modo di stringere nuove amicizie, conoscere storie di vita toccanti e approfondire la mia consapevolezza rispetto al valore della libertà religiosa e alla necessità di impegnarsi concretamente per chi vive in situazioni di vulnerabilità. Questa esperienza ha lasciato in me un segno profondo: mi ha arricchita umanamente, mi ha fatto riflettere su quanto sia importante mettersi a disposizione degli altri e mi ha confermato il desiderio di continuare a mettermi a disposizione del prossimo anche attraverso un semplice sorriso. Ringrazio la Caritas per avermi dato questa opportunità e per il lavoro che continua a svolgere, con serietà e dedizione, a sostegno degli ultimi.”- SOLE ARINGHIERI (Caritas diocesana di San Miniato)
“Questa esperienza a Trabzon mi ha lasciato più di quanto potessi sperare. Siamo stati ospiti di una parrocchia cristiana gestita da religiosi della Congregazione del Verbo Incarnato. Abbiamo intrattenuto i ragazzi delle famiglie; abbiamo dato il nostro contributo per insegnare loro un po’ di italiano. Abbiamo cercato di fare il nostro piccolo per fornire alcuni strumenti che si spera tornino loro utili un giorno. I religiosi e i parrocchiani sono stati estremamente gentili e ospitali con noi. Quello che mi ha colpito maggiormente è stato il fortissimo senso di comunità e solidarietà che raramente ho riscontrato altrove. Abbiamo avuto l’occasione di conoscere e arricchirci con nuove culture. Auguro a tutte le persone che abbiamo conosciuto di essere in grado di vivere in piena libertà e tranquillità. E, a me stesso, auguro di poterci rivedere presto.” - LUCA PAPESCHI(Caritas diocesana di Pisa)
“Sono partita da sola alle 8.30 dalla stazione di Pontedera, senza nessuna aspettativa, perché ho imparato che è più bello arrivare nei luoghi e nelle esperienze a cuore aperto senza nessuna logica costruita o aspettativa montata. Appena arrivata a Firenze ho incontrato i miei compagni di viaggio, Santina, Greta, Sara, Giada e Victor, da lì è cominciato il nostro viaggio. Dopo aver preso 1 treno e 2 aerei siamo arrivati a destinazione e abbiamo scoperto una comunità bellissima, oserei dire una famiglia, composta da Padre Leonardo, Suor Maria, Suor Stella, Suor Misericordia. Nella loro casa, tutti i giorni, accolgono le famiglie della parrocchia tutte diverse, di nazionalità e di culture, ma unite dalla fede ed è proprio bello che ognuno di loro sa che c’è sempre un posto a tavola per ognuno. Fra una visita ai vari monasteri, un tuffo al mare e compere varie abbiamo instaurato dei legami belli e profondi con i ragazzi e le loro famiglie che vivono la parrocchia, abbiamo insegnato loro un po’ di italiano e noi abbiamo appreso pochissimo turco…Ma possiamo dire di esserci impegnati per imparare =). Abbiamo cucinato insieme la pizza e cucinato e assaggiato con loro delizie turche ed iraniane, Abbiamo ballato, giocato e riso, prestato servizio dove c’era bisogno, abbiamo ascoltato storie incredibili di vita vera e di fede. Ci sarebbero un sacco di cose da raccontare di questo viaggio, ma non posso mica farvi tutti gli spoiler, solo un ultima cosa voglio dirvela: vi auguro di poter sentirvi accolti e vivere quella comunità come l’abbiamo vissuta noi, quindi buon viaggio verso Trabzon cari amici Pellegrini.” - GIULIA TEI (Caritas diocesana di San Miniato)
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In questo film, premiato per la regia e la recitazione al Festival del Cinema di Venezia, il regista e sceneggiatore Matteo Garrone offre una prospettiva alternativa sull’esperienza migratoria, raccontando l’epopea cinematografica di due giovani provenienti dall’Africa occidentale diretti verso l’Italia. La vicenda si dipana attraverso gli occhi di due adolescenti senegalesi, residenti a Dakar, che coltivano il sogno di un futuro migliore in Europa. Tuttavia, tra le loro aspirazioni e la dura realtà si interpone un viaggio insidioso: un percorso tormentato che li conduce attraverso una fitta rete di posti di blocco, il deserto del Sahara, una spietata prigione nordafricana e infine le pericolose acque del Mediterraneo, teatro di numerose tragedie in cui migliaia di migranti hanno perso la vita a bordo di imbarcazioni inadeguate.
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La Caritas Diocesana ha da sempre ritenuto la cura del creato una priorità: per questo motivo da anni svolgiamo attività di formazione e sensibilizzazione in scuole, parrocchie e luoghi di aggregazione.
L’attività pastorale, infatti, non può esimersi dal considerare la Terra il più grande dono da salvaguardare e custodire!
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